DICONO DI ME…

Renzo Vespignani

“Spesso la pittura degli esordienti somiglia a una confessione di solitudini e incertezze gridate. A uno psicodramma insomma. La prova migliore di una “necessità” che invano si troverebbe in certi più avveduti compilatori di luoghi comuni neo-accademici.
    E’ il caso, mi sembra, della nostra Catia Leonelli, che in punta di piedi e senza mallevadori di grosso calibro, ci offre documenti – certo, anche se violenti, non immediatamente chiari – delle sue ansie e delle sue solitudini. Perché la misura, o la raffinatezza, non sono le sue doti naturali. Lo sono, invece, l’irruenza, la sonorità cupa del colore, rotta da contrasti metallici, da lampi bianchi o d’oro. Mari in burrasca che scoppiano di schiuma come fuochi d’artificio, sassofoni suonati da un’invisibile bocca, che ballano a un ritmo tra il funebre e l’allegro. Ma tutto col candore entusiasta di chi scopre un veicolo veloce come gli stati d’animo. Direi – con parole di facile accesso televisivo – in presa diretta, o Live. Ma attenzione, malgrado tutto, la pittura dei giovani nasconde più che rivelare. E’ materia cicatriziale.
    Metafore evidenti. allora, queste di Catia, o piuttosto un “clamore” che sottende un silenzio più profondo e indicibile? Una richiesta di aiuto? Certo lo potrà dire l’artista, quando saprà frenare la sorpresa e la gioia di un colore che sembra “prillare” dalla tavolozza alla tela, senza mediazioni. Quando, alla fine, cambierà la rabbia in trepidazione. Solo lei può trovarne il modo.”

Aurelio Barbalonga

“  Quando il poeta tracima la sua potenzialità creativa, passando dal mezzo grafico o semplicemente orale, alla travolgente espressione del colore e della forma, assumendo come arma enunciativa l’incisività del pennello o del taglio vibrante e liberatorio della spatola, si ha l’autentica ed emblematica presenza dell’artista.
    Tale è la vicenda poetica di Catia Leonelli, che nella sua tormentata elegiaca peregrinazione, trasfonde nelle tele tutta la potenza lirica dei suoi entusiasmi e delle sue gioie, delle tristezze del mondo cariche di delusioni e di sogni repressi, di improvvisi bagliori di vita, di inesplorate felici galassie e di assurde catarsi spirituali.
    Poli estremi senza liberazione, limbi di destini bizzarri e talvolta crudeli che affiorano e poi svaniscono e poi ancora galleggiano come icebergs nel tumultuoso oceano delle speranze per poi naufragare nei deliri dell’impotenza, come assurdi enigmi esistenziali sistematicamente irrisolti.
    Forze contrastanti e amate, come se dal crollo di quel cosmo dovesse risorgere finalmente l’esistenza sublime.
    Questa è l’arte di chi in essa vede l’unica luce di vita, l’unico valido motivo di sopravvivenza in un mondo orfano di ogni concreta fiaccola d’amore.”

Aurelio Barbalonga

“La pittura di CATIA LEONELLI ci porta ad un  contatto diretto tra realtà e percezione poetica, realizzando immagini di suadente atmosfera pur restando fedele alla tendenza neofigurativa e naturalistica tanto cara ai seguaci della Schola  Pictorum bolognese.
 
Luci filtrate attraverso folti cespugli di alberi, lontane scenografie di monti avvolti da nebbie appenniniche o fatiscenti casolari lambiti da tormentose acque torrenziali, sono i suoi temi preferiti, che traspone sulle tele con magica armonia di colori e di composizione.
 
Nelle marine ama descrivere scene di porti e di barche in attesa di salpare per lidi di nostalgica poesia.
 
Il suo linguaggio, libero da false retoriche contenutistiche, giunge a noi fresco e immediato come quella natura che ha ispirato direttamente l’artista.”

Prof. Marino Lombardi

“La pittura di Catia per la sua velocità e per “l’estemporaneità” del gesto pittografico sembra essere più “automatica”, che progettata, più recondita che consapevolmente descrittiva.
Affiora una chiara volontà di depotenziare l’anonimo e l’amorfo, concitare ed estremizzare tutto ciò che nel suo estremo equilibrio può risultare pallido e indifferente.
Qualsiasi corpo si mantiene in equilibri-squilibri, ordini-disordini; un organismo che si “ferma”, si ammala, non si diversifica.
Il movimento è l’ anima delle composizioni e della  comunicazione come la libido della plasticità.
L’elemento unificante è l’acqua che col suo fluire coinvolge, unifica i corpi alla deriva, li pone in stretta comunione facendoli urtare, celare, glissare  fungendo da mediatrice di essenze.
La barca senza timoniere nel mare senza orizzonte, sono il simulacro della desoggettivazione :
la rappresentazione dello spazio collettivo ove si galleggia per struttura propria, ma ci si muove attraverso gli eventi e le forze mistiche al di là del singolo. “